L’Abbazia di Chiaravalle. Come fu che i cistercensi inventarono il grana, cos’è la Ciribiciaccola e altre storie di arte e spiritualità.

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Innumerevoli cose potrebbero raccontare le mura dell’abbazia di Chiaravalle, con quasi 900 anni di storia, se solo sapessimo farle parlare. Il loro fascino sta forse in questo “non detto” tutto da scoprire, e certamente nella spiritualità che permea il monastero. Fondato da San Bernardo di Clairvaux nel 1135 è infatti ancora oggi occupato dai cistercensi, che osservano la regola di San Benedetto.

Dallo stradello sterrato che costeggia il canale si arriva per gradi a intravedere la torre nolare della Ciribiciaccola con i suoi profili in pietra bianca, traforata come un merletto. In una mattina un po’ brumosa la fantasia vola al Nome della Rosa, e senza troppo sforzo si può immaginare di essere un pellegrino medievale in cammino verso l’abbazia. Si può arrivare lungo la ciclabile che da Piazzale Lodi si connette al parco della Vettabbia: siamo alle propaggini del Comune di Milano, fuori Porta Romana, a circa 4 chilometri da Corvetto. Tutto intorno, la bassa e fertile campagna del Parco Sud. In alternativa alla bici, si può procedere a piedi parcheggiando l’auto davanti alla chiesetta paleocristiana dei Santi Giacomo e Filippo al Nocetum. Qui, al posto del bosco di noci di un tempo, sorge un luogo di accoglienza e sostegno a persone in difficoltà. Siamo già all’interno della grangia (terreno agricolo) dell’abbazia, poco distante dal parco della Vettabbia.

Un consiglio: arrivate in bici o a piedi

https://www.valledeimonaci.org/parco-della-vettabbia/

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La Ciribiciaccola, torre nolare, elemento distintivo dell’abbazia

Con i suoi 56 metri di altezza, la torre si sviluppa con due sezioni ottagonali e un cono, che culmina in un piccolo mappamondo con croce. La costruzione risale al 1329, circa 200 anni dopo l’edificazione dell’abbazia. Il progetto è di Francesco Pecorari, lo stesso architetto che realizzò il campanile della chiesa palatina di San Gottardo in Corte a Milano e il Torrazzo di Cremona (chi ha in mente San Gottardo riconosce subito lo stile). Il nomignolo deriva dal verso delle cicogne che qui nidificavano, e da uno scioglilingua che fa più o meno così (tradotto dal milanese):
sul campanile di Chiaravalle c’è una ciribiciaccola – (cicogna) – con cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini”…

Ma la vera domanda è: cosa significa torre nolare? La Treccani spiega che si tratta di un “tiburio a torre che sorge all’incrocio della navata con il transetto (quindi parte dall’interno della chiesa, dove in altri casi troviamo la cupola), talora ospita le campane (come in questo caso), ma può coesistere con il campanile vero e proprio (infatti a lato della chiesa sorge il campanile originario, coevo alla chiesa, con altre campane), e costituisce un elemento architettonico caratteristico delle chiese abbaziali, soprattutto gotiche, in particolare cistercensi…” (anche qui rientriamo perfettamente nel caso). La campana della torre nolare viene suonata ogni giorno da un monaco al centro del transetto, che la aziona con una corda.

I monaci a Chiaravalle: una storia di preghiera e agricoltura

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Intorno al 1100, con la fondazione del monastero di Citeaux, nacque in Francia l’ordine dei cistercensi, comunità benedettina di stretta osservanza. Di lì a breve ne sorsero altri quattro, fra cui Clairvaux: da qui le comunità si sparsero in Europa per iniziativa di San Bernardo, che fondò a Milano l’affiliata Chiaravalle, con lo stesso nome dell’abbazia madre. La scelta per la creazione di questi monasteri teneva in gran conto la bontà dei terreni circostanti, che entravano a far parte della grangia dell’abbazia: era grazie all’agricoltura infatti che i monaci provvedevano a se stessi,  secondo la regola di San Benedetto ora et labora. In realtà il lavoro nei campi era affidato ai conversi, religiosi laici che risiedevano all’interno del monastero, e a lavoratori salariati, con l’ingrandirsi dell’azienda agricola.

L’invenzione del formaggio grana

La comunità monastica di Chiaravalle si dedicò quindi a bonificare i campi e a sviluppare nuove tecniche agricole, rendendo il territorio assai produttivo e ponendo le basi della ricchezza della campagna milanese, soprattutto grazie all’introduzione delle marcite. Un sistema che utilizzava l’acqua affiorante delle risorgive, a una temperatura costante fra i 9° e 14°. Questo consentiva di realizzare numerosi tagli di foraggio anche d’inverno, nutrendo abbondantemente le vacche in ogni stagione. Da qui la necessità di conservare le eccedenze di latte, che sollecitò l’ingegno dei cistercensi a sperimentare un nuovo stratagemma: cuocere il latte in apposite caldaie, aggiungervi il caglio, salare e stagionare. Nacque così un formaggio a pasta dura, dolce e saporito, che mantiene inalterati i principi nutritivi del latte. Fu chiamato caseus vetus (invecchiato), per distinguerlo dai formaggi a pasta molle che erano diffusi all’epoca, ma ben presto venne chiamato grana, per la sua pasta granulosa, dovuta ai cristalli di calcio, residui della trasformazione del latte. Neanche a dirlo divenne in breve protagonista su tutte le tavole, dalle corti alle case più umili, ingrediente pregiato o unica fonte di sostentamento. Insieme al riso di produzione locale e al tocco esotico dello zafferano diede vita al piatto tradizionale per eccellenza: il risotto alla milanese.

Arte a Chiaravalle: due mirabili cicli di affreschi

Entrando nella chiesa, consacrata nel 1221 e realizzata secondo i dettami di semplicità dello stile gotico e cistercense, ci troviamo a sorpresa immersi in un coloratissimo ciclo pittorico seicentesco che ricopre del tutto la controfacciata, il transetto e persino i pilastri, opera dei Fiammenghini (i fratelli Giovanni e Mauro Della Rovere, detti così perché il padre proveniva da Anversa). Fra i pittori che lavorarono nell’abbazia ci fu anche Bernardino Luini, contemporaneo di Leonardo, con la celebre Madonna della buonanotte, toccante opera giovanile posta in cima alla scala che i monaci percorrono la sera per salire ai loro alloggi, dedicandole un’ultima Ave Maria.

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Il ciclo di affreschi sul tiburio ottagonale è invece di scuola giottesca, databile intorno al 1340: una delle più importanti testimonianze della pittura del Trecento a Milano. Spiccano fra questi le toccanti scene dedicate alla morte e all’Assunzione della Vergine, che per finezza e qualità del segno fanno ipotizzare una provenienza toscana. I restauri che hanno rimesso in luce questo straordinaria decorazione pittorica, terminati nel 2010, hanno infatti individuato la mano di Stefano Fiorentino, il migliore fra gli allievi di Giotto. Quello che è certo è che le schiere di angeli ricordano quelli della cappella degli Scrovegni, e che Giotto era da poco passato a Milano, lasciando tracce della sua influenza negli affreschi perduti di palazzo Visconti.

La Vergine assunta in cielo, nel tiburio della chiesa di Chiaravalle

Cosa fare a Chiaravalle: il borgo, la bottega dei monaci, il ristoro, il mulino.

Passeggiando intorno alle mura dell’abbazia ci si imbatte in un piccolo suggestivo borgo che la lambisce. Un migliaio di abitanti, piccole locande e un progetto di riqualificazione in corso.

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All’interno delle mura, invece, si trova la bottega che fornisce una grande varietà di prodotti realizzati dai monaci, in Italia e all’estero (incluse le famose birre trappiste e i tipici liquori e amari di erbe), oltre all’immancabile formaggio grana e altri generi alimentari, alle uova fresche e a diverse qualità di riso e cereali a chilometro zero. Gli stessi prodotti si possono assaggiare al vicino ristoro.

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Per accedere alle zone interne all’area di clausura e visitare il chiostro, l’antico mulino e la Cappella di San Bernardo è necessario invece prenotare una visita guidata condotta da Koinè cooperativa sociale

Appuntamento quindi a dopo il lockdown per scoprire altri aspetti e altri segreti di questo luogo di storia, bellezza e spiritualità.

Se vi interessano le abbazie intorno a Milano su ViaggiVicini trovate anche un articolo su Mirasole.

Roberta Ferraro, blogger e travel designer. Racconto straordinari luoghi vicini, posti speciali che si distinguono per arte, natura e cultura. Perché se apriamo gli occhi su quello che abbiamo intorno a noi, l’avventura è a portata di mano. Seguimi per trovare ispirazione per weekend, gite e vacanze.