Il Belvedere: un ghiacciaio “a portata di mano” sulla parete Est del Rosa.

Il giro del lago delle Locce, sopra Macugnaga. Escursione su un ghiacciaio che racconta la formazione della terra e il cambiamento climatico. Con la guida esperta di Natural Mind Professional.

La cappella Pisati sulla morena del ghiacciaio del Belvedere – foto di Alessandro Previdi

Morene, laghi effimeri, massi erratici: preparatevi a rispolverare le vostre nozioni di geografia dei tempi della scuola e a vederle applicate dal vivo.

A dire la verità, come si sono formate le valli, i laghi e le colline ai piedi delle nostre montagne non l’avevo mai capito veramente. Finché non ho visto da vicino questo ghiacciaio alpino del Belvedere: camminandoci sopra (le rocce della morena poggiano su un lento fiume di ghiaccio) ho scoperto che è cosa viva, in continuo movimento e dotato di una straordinaria potenza trasformativa. La sua massa procede in un inesorabile scorrimento da monte verso valle, con energia maggiore nella parte iniziale, dove è più soggetta a gravità e pendenza, più lentamente alla fine.

Dal Monte Rosa al fondo del Belvedere la discesa del ghiaccio impiega circa 40 anni. A riprova di questo moto perpetuo, un macabro ritrovamento: i resti di un alpinista caduto dal Rosa a metà del ‘900 ritrovati di recente alla base del ghiacciaio, dopo un viaggio durato appunto 40 anni.

Anche il paesaggio interessato dal ghiacciaio è in costante e rapido mutamento: una valle si sta formando e un piccolo lago Effimero -nato intorno al 2000- è nato, si è ingrandito e poi ridotto in soli 20 anni. La stessa nostra giovane guida, Alessandro Previdi di Natural Mind Professional, che ci ha raccontato di tutto e di più sui ghiacciai, ricorda bene che fino a 10-15 anni fa il ghiaccio era molto più esteso. 

Una buona scuola dunque per capire l’evoluzione della terra e allo stesso tempo l’accelerazione dettata dal riscaldamento globale.

Un ghiacciaio nero a solo 1800 metri di quota.

Il ghiacciaio nero e sullo sfondo la parete Est del Monte Rosa – foto di Alessandro Previdi

Siamo sul versante Est del Monte Rosa, nel territorio di Macugnaga (Verbania), in valle Anzasca. Una lunga lingua glaciale alimentata dai soprastanti ghiacciai della Nordend, del Rosa e del Signal. La fronte (cioè la quota dei ghiacci nel punto più basso) è a circa 1.800 metri di quota, cioè molto più in basso del consueto, cosa che lo rende in un certo senso “a portata di mano”.

Si tratta di uno dei pochissimi ghiacciai “neri” delle Alpi: è ricoperto cioè da uno strato di detriti rocciosi scuri come un fiume di lava, che lo protegge dal calore del sole rallentandone la fusione. Il ghiaccio lavora sotto come un «nastro trasportatore» che scende inesorabilmente verso valle. Ecco perché la sua fronte si trova a un livello così basso. Nei primi anni 2000 calamitò l’attenzione dei glaciologi per il formarsi di una grandiosa onda di piena glaciale (surge). Un eccezionale aumento di spessore del ghiacciaio, dovuto però a trasformazioni causate dal riscaldamento atmosferico. Da allora i ghiacci continuano a restringersi (oggi perdono circa 1 cm al giorno).

La piana della Pedriola, fra morene e nevi perenni – foto di Alessandro Previdi

Prima tappa: dal Belvedere al rifugio Zamboni.

Prati verdissimi lungo il torrente Pedriola – foto di Alessandro Previdi

Il giro delle Locce è un’escursione che parte da Macugnaga, frazione Pecetto, dove si parcheggia e si prende la seggiovia biposto diretta agli impianti sciistici del Belvedere (1900 m). Da qui il sentiero si snoda nella morena di un ghiacciaio che un tempo si estendeva fino a Macugnaga e che ora, in fase di ritiro, sta formando quella che diventa sempre più una valle. La morena che attraversiamo ha l’aspetto di una pietraia e costituisce la copertura detritica del cosiddetto ghiacciaio nero. Superata questa si cammina in cresta su un sentiero pianeggiante che segue il corso del torrente Pedriola. Di fronte a noi la parete Est del Rosa ogni tanto scarica qualche pietra, mentre lame di ghiaccio fuoriescono dalla roccia. La prima tappa è il rifugio Zamboni, con il suo ristorante che invita a una pausa.

Il rifugio Zamboni, sullo sfondo i ghiacciai del Monte Rosa – foto di Alessandro Previdi

Siamo nella conca dell’Alpe Pedriola, un anfiteatro coronato dalle morene e attraversato dal torrente di cui porta il nome. Intorno si estende un prato verde di pascoli punteggiato da grandi blocchi erratici, portati dal ghiaccio nell’era quaternaria e rimasti lì un po’sospesi, come antichi dolmen naturali. Sopra di noi scintillano le corone scintillanti dei ghiacciai alpini.  Ci troviamo ai piedi del Monte Rosa, che culmina sulla vetta Dufour a 4.634 m, e ci sembra di essere molto più in alto dei 2100 metri di questa piana verde.

Mucca al pascolo nella piana dell’Alpe Pedriola – sullo sfondo il gruppo del Roffel con i ghiacciai – foto di Alessandro Previdi
Pascoli all’Alpe Pedriolo – foto di Alessandro Previdi

Il lago delle Locce: la meta finale

Quello fra il rifugio e il lago è il tratto più impegnativo, con un sentiero ripido di rocce e ghiaia e un dislivello di circa 200 m per raggiungere i 2300 m. Arrivati in cima però si apre davanti a noi lo splendido panorama del Lago delle Locce, formatosi, neanche a dirlo, in un avvallamento morenico, con le nevi perenni del ghiacciaio del Belvedere subito sopra. Il verde chiaro che spicca ai nostri occhi è il colore tipico dei laghi alpini di scioglimento, dove l’acqua è ricca di silt, sabbia finissima che determina questa sfumatura di smeraldo lattiginoso. Solo una decina di anni fa il ghiaccio arrivava fino al lago e ogni tanto rilasciava nelle sue acque blocchi simili a piccoli iceberg.

Oggi l’arretramento lo ha allontanato di molti metri, ma è ancora visibile il bordo della corona che lambiva: prova tangibile degli effetti del riscaldamento globale. Per tornare indietro si percorre lo stesso sentiero: meglio se con i bastoncini da trekking, perché scendere la morena può essere molto stancante per le ginocchia.

Lo specchio verde chiaro del lago delle Locce, lambito dal ghiaccio – foto di Alessandro Previdi
Il lago delle Locce alle pendici del ghiacciaio – foto di Alessandro Previdi

Il lago Effimero: un fenomeno legato al ghiacciaio.

Il Lago Effimero, effetto collaterale dei movimenti del ghiacciaio del Belvedere, è stato “scoperto” nel giugno 2002 e in quella estate ha raggiunto la sua massima estensione. Prima era una piccola pozza in una conca scavata dal ghiaccio, ingrossatasi rapidamente con lo scioglimento delle nevi e arrivata improvvisamente a 3 milioni di metri cubi d’acqua con una superficie di 166 mila metri quadrati, tanto da far preoccupare i geologi per eventuali rischi dovuti alla vicinanza con il centro abitato di Macugnaga. Oggi le sue dimensioni si sono molto ridotte, ma rimane comunque un fenomeno interessante per gli scienziati e gli amanti della montagna. Anche qui l’acqua è verde lattiginoso.

Si trova a 2160 metri di quota e a circa un’ora e mezza di cammino dalla stazione di arrivo della seggiovia del Belvedere (1950 mt.). E’ un percorso alternativo rispetto al giro del lago delle Locce.

Il lago Effimero nella sua versione attuale. Scomparirà o tornerà a ingrandirsi? – foto di Alessandro Previdi

Curiosità. L’ABC dei ghiacciai alpini.

  • Glaciologia. La glaciologia è la scienza che studia tutti i tipi di ghiacciai, da quelli antartici a quelli himalayani. Quelli delle nostre montagne sono ghiacciai alpini, punti di osservazione importantissimi per gli scienziati che studiano la formazione della terra. Un esempio? Proprio sul Monte Rosa nel ghiacciaio di Colle del Papa Zumstein/Gnifetti, su un passo molto spazzato dal vento a 4500 m di quota, la grande quantità di neve e il freddo intenso hanno fatto sì che il ghiaccio si mantenesse in strati compressi e molto sottili… Per questo con carotaggi profondi pochi metri è possibile risalire a 10.000 anni di storia climatica della terra ed estrarre carote di ghiaccio risalenti alle ultime glaciazioni!
  • Crepacci profonde fenditure nella superficie di un ghiacciaio che si formano in particolari condizioni, o perché la pendenza del letto aumenta o perché la valle si allarga.
  • Massi erratici (dal latino erràre, vagare) o massi delle streghe sono grandi blocchi di roccia trasportati a fondovalle da un ghiacciaio.
  • Morena: accumulo di sedimenti, costituito dai detriti rocciosi trasportati da un ghiacciaio
  • Seracchi/Seraccate. Un seracco è un blocco di ghiaccio di grande taglia formato per fratturazione di un corpo glaciale. La Seraccata è una barriera di seracchi in un ghiacciaio.

Info e tempi di percorrenza.

  • Escursione di difficoltà medio-facile – circa 3 ore andata e 2 ritorno, compreso il tratto in seggiovia (circa 30 minuti a tratta). Si può percorrere a piedi anche questo tratto, con un sentiero che passa sulle piste da sci in mezzo ai boschi. Specie nella fase della discesa sulla morena sono consigliati i bastoncini.
  • Dall’arrivo della seggiovia al Rifugio Zamboni-Zappa: 1 ora
  • Dal rifugio Zamboni al Lago delle Locce: 1 ora e 15’

Potete trovare questa escursione fra quelle proposte da Natural Mind Professional  – per informazioni Alessandro Previdi, cell 340 3386186 https://www.naturalmindprofessional.com/it/

Alessandro Previdi di Natural Mind Professional

Roberta Ferraro, blogger e travel designer. Racconto straordinari luoghi vicini, posti speciali che si distinguono per arte, natura e cultura. Perché se apriamo gli occhi su quello che abbiamo intorno a noi, l’avventura è a portata di mano. Seguimi per trovare ispirazione per weekend, gite e vacanze.