Un antico borgo di pescatori fra mare, canali e laguna. Piccole case a colori vivacissimi, per spiccare da lontano nelle acque brumose dell’alto Adriatico. Siamo a Caorle, cittadina cresciuta attorno a un duomo romanico e a un campanile cilindrico risalenti più o meno all’anno Mille. Se mostrando una foto vi chiedessi: “Dove siamo?” potreste dire Venezia o una delle sue isole, probabilmente Burano…
Se invece ci andate di persona, vi accorgerete che intorno al centro storico si è sviluppata nell’era del turismo, dagli anni Sessanta in poi, una località balneare con chilometri di spiagge attrezzate, negozi e hotel lussuosi vista mare, una bella scogliera, ristorantini di pesce in ogni angolo.
Un mix che ne fa una meta perfetta per una vacanza -non soltanto estiva- all’insegna di divertimento e relax.
Come a Venezia, le strette strade tortuose si chiamano calli (le più larghe rii), e si aprono su piazzette dette campi, suggestive come scenografie goldoniane. Da un lato il mare e dall’altro uno specchio d’acqua lagunare (le valli, dove si pratica l’allevamento ittico). Ma questa somiglianza con Venezia da dove nasce? E‘ sufficiente dire che le due città sono relativamente vicine, e che per secoli Caorle è stata sotto il dominio e l’influenza della Serenissima? In realtà le affinità con la città lagunare hanno radici più profonde, un’origine comune che stabilisce una sorta di sorellanza.
Caorle al tempo dei Romani
A dire la verità, fra le due, Caorle è la più antica: infatti era già fiorente in epoca romana, grazie alla posizione strategica fra le foci dei fiumi Livenza e Lemene (flumen Reatinum). Il suo nome era Sylva Caprulana, visto che all’epoca era coperta da boschi (sylvae) popolati da capre selvatiche, e sorgeva su tre isole collegate fra loro da quattro ponti (la sorella maggiore, Venezia, si allargherà su 100 isole con 160 ponti, ma questa è un’altra storia). Affacciata sull’Adriatico, dal suo porto Reatinum si raggiungevano via fiume le città importanti dell’entroterra: Opitergium (oggi Oderzo), Concordia Sagittaria -dove si fabbricavano le frecce, sagittae, per le legioni dell’impero- e Aquileia. Questo ne faceva un centro cruciale per i trasporti e il commercio. La navigazione, fra mare e fiumi, è quindi nel suo dna: fatto comprovato dal ritrovamento nei suoi fondali di una nave romana del I sec. d.C. che trasportava anfore, contenenti probabilmente vino. Oggi il porticciolo di Caorle, popolato di bragozzi e pescherecci, è ancora un porto fluviale, situato su un canale interno collegato alle foci del Lemene e del Livenza.
Un rifugio dalle invasioni barbariche
Ma è all’epoca delle invasioni barbariche che la storia di Caorle e quella di Venezia si legano con un filo comune e indissolubile. Con l’arrivo di nuovi popoli calati attraverso montagne del Friuli, le lagune dell’alto Adriatico si popolano di gente in fuga. Nel 452 d.C. Attila, Re degli Unni, saccheggia Aquileia e Concordia. Gli abitanti delle città romane dell’entroterra cercano riparo nella rete intricata dei canali lagunari, su isole come Caorle, Grado e Rivoalto, ossia Rialto, da cui nascerà il primo nucleo della futura Venezia. Un secolo dopo sarà la volta del Longobardi che muoveranno altre ondate di profughi. A Caorle confluiranno tremila rifugiati provenienti da Concordia e dal trevigiano, il primo nucleo dei suoi abitanti. Il suo centro si sviluppa su un piccolo arcipelago lagunare in cui le strade sono rii, cioè canali navigabili, interrati solo a partire dall’Ottocento (Rio Terrà, nome del corso principale, significa canale interrato). Due città nate insieme da uno stesso evento traumatico e a poca distanza fra loro. Un destino più glorioso toccherà alla vicina Venezia, ma Caorle rimarrà per molti secoli una fedele sostenitrice della Serenissima, condividendo con la Repubblica marinara le alterne vicende della storia.
Una storia all’ombra della Serenissima
Così intorno al 900 d.C. Caorle si affianca alla Repubblica di San Marco. Il suo territorio diventa uno dei 9 distretti del Dogado, è governata da un podestà e segue, nel bene e nel male, le vicende della “sorella maggiore”. Un fiorente commercio finanzia la costruzione della cattedrale (1038) su una preesistente basilica paleocristiana, e subito dopo viene realizzato il campanile cilindrico, che ancora svetta un po’inclinato sulla città. Nel 1379 la città viene attaccata dai genovesi, in cerca di conquiste ai danni della Repubblica rivale, e quando Venezia nel 1570 muoverà guerra ai Turchi, Caorle darà un contributo di uomini e galee. Quando però il governo della Serenissima decide di deviare il corso del Piave, la bonifica provoca uno stravolgimento della laguna di Caorle. Il territorio circostante viene confiscato e diviso in ampi appezzamenti di detti «prese», venduti a nobili famiglie veneziane. Con i canali di accesso interrati la città perde definitivamente la sua posizione strategica e commerciale fra il mare e l’entroterra, decretando la sua decadenza. Ritornerà fiorente solo molto tempo dopo, aprendo la bellezza del suo litorale ai riti del moderno turismo.
Il Campanile e il Duomo di Santo Stefano.
Il campanile che spicca solitario nella piazza Vescovado è particolarissimo, non si può non notarlo. Di forma cilindrica, alto 42 metri, è in stile bizantino-ravennate: fu costruito intorno all’anno Mille. Poco prima, nel IX secolo, a Ravenna erano state realizzate le torri campanarie di Sant’Apollinare in Classe e Sant’Apollinare Nuovo, che lo ricordano molto. Esiste in Veneto un’altra sola altra torre cilindrica: negletta e seminascosta nel piccolo centro di Tessera, a due passi dall’aeroporto di Venezia. La cuspide a cono invece è un’esclusiva Caorle.
Il suo corpo robusto, un po’inclinato per il gravare dei secoli e per lo smottamento del terreno sabbioso, è alleggerito da un susseguirsi di bifore e monofore, con archi a tutto sesto e colonnine in perfetto stile romanico. La base è in pietra d’Istria bianca (la pietra di cui è fatta Venezia…), il resto in semplice cotto, e forse aveva funzione anche di faro, vista la sua vicinanza al mare.
Da sempre al centro della vita e dei riti cittadini, i Caorlotti ancora oggi lo “incendiano” ogni anno a luglio, quando la statua della Madonna dell’Angelo viene trasferita dalla chiesetta sul mare al duomo durante una processione e il campanile si illumina di rosso fuoco per salutarla.
Il Duomo, costruito come la torre intorno all’anno Mille, quando Caorle era all’apice del suo splendore politico ed economico grazie ai commerci per mare e per fiumi, fu edificato sulle rovine di una basilica ancora più antica. La facciata semplice e austera era preceduta da un porticato (ne rimangono le mensole in pietra sopra il portone centrale), dove si riunivano i cristiani non ancora battezzati che non potevano entrare per la messa. L’interno a tre navate, semplice e raccolto, conserva alcune opere di grande fascino come la pala d’oro dietro l’altare: uno splendore di oreficeria bizantina del XIII-XIV secolo che ci fa pensare subito a quella in San Marco a Venezia. Il tabernacolo è ricavato da un’ara funeraria romana del I secolo d.C., l’ara Licovia, le pareti sono decoraate da tele e affreschi di scuola veneziana, mentre al centro del Presbiterio è sospeso un suggestivo crocifisso ligneo del XV secolo.
La chiesetta della Madonna dell’Angelo
Proteso sul piccolo golfo fra la spiaggia di Levante, la scogliera e il mare, si trova il Santuario della Madonna dell’Angelo, una chiesetta con un piccolo campanile che un tempo fungeva da faro. Probabilmente fu l’edificio religioso più antico di Caorle: nel VI o VII secolo era dedicata all’Arcangelo Michele, mentre la veste attuale risale al Settecento. La storia racconta di alcuni pescatori che trovarono in mare una statua lignea della Madonna con Bambino che galleggiava nonostante il pesante piedistallo in marmo. Sistemata nel Duomo, da qui scomparve per essere inspiegabilmente ritrovata nella chiesetta sul mare, che prese il nome di Chiesa della Madonna dell’Angelo. Ogni cinque anni a settembre, la statua viene portata in processione per mare sulla caorlina, tipica barca a remi.
Un museo multimediale di archeologia del mare
Una chicca ancora troppo poco conosciuta è il Museo Nazionale di Archeologia del Mare: un percorso tematico che introduce al rapporto millenario fra l’uomo e il mare in questo scorcio di Adriatico veneto. Un viaggio attraverso il mondo della navigazione e della pesca tradizionali, che coinvolge visitatori di tutte le età grazie a soluzioni digitali e interattive. Resti di anfore e reperti romani, fra cui delle grandi ancore, ricordano la vivacità dei trasporti e dei commerci fin dalle origini. Video, postazioni interattive e installazioni di realtà aumentata raccontano che cosa è uno squèro tradizionale veneziano (una specie di officina per la costruzione e il rimessaggio delle piccole barche lagunari), come si rema su una gondola e come è costruita, quali sono le imbarcazioni tipiche, i pesci che popolano queste acque e le tecniche di pesca.
Il pezzo forte del museo è l’esposizione multimediale che racconta la vicenda del brigantino Mercurio, il cui relitto è stato rinvenuto nel 2001 sette miglia al largo di punta Tagliamento. Come in un romanzo di Salgari riviviamo l’episodio di una battaglia navale di età napoleonica conosciuta come battaglia di Grado, avvenuta in queste acque. Una flottiglia di brigantini francesi e veneziani, usciti di soppiatto in una notte di nebbia del febbraio 1812 dall’Arsenale di Venezia, tentò di contendere agli inglesi il controllo dell’Adriatico. L’esito fallimentare della missione fu un colpo basso per l’ambizione di Napoleone, mai riuscito a strappare la superiorità sui mari. Le navi furono sbaragliate o catturate da quelle di britanniche: il Mercurio colò a picco, spezzato in due tronconi. Del suo equipaggio di 90 veneziani comandati dal tenente Giovanni Pelucchia, sopravvissero solo in tre. Nel museo vediamo la ricostruzione in dimensioni reali della carena, il timone originale ripescato dagli archeologi marini oltre a resti di armi, parti dell’abbigliamento e perfino reperti ossei ritrovati nel relitto. Grazie al ritrovamento negli archivi veneziani dei ruoli di bordo sappiamo chi erano, quanti anni avevano e che mansioni avevano gli uomini (e una donna) a bordo del Mercurio. Queste fonti, assieme ai ritrovamenti, hanno permesso di ricostruire un quadro dell’equipaggio che affrontò questa sfortunata battaglia. Alcuni di loro rivivono in 3D grazie alla realtà aumentata.
Info: Museo Nazionale di Archeologia del mare, Via Strada Nuova, 80 – Caorle – Aperto venerdì – sabato e domenica ore 15-23 – Telefono: 0421 83149.
Scogliera Viva: una passeggiata fra mare e arte
Un concorso di scultura, istituito dal Comune dal ’93 che si tiene ogni due anni a giugno, ha reso la scogliera sul lungomare di Caorle una galleria d’arte a cielo aperto, con opere di artisti da tutto il mondo. ScoglieraViva ha già al suo attivo ben 20 edizioni (l’ultima nel 2021), con 1056 opere e 106 rocce scolpite.
Info: I migliori hotel dove alloggiare anche fuori stagione:
- The One, Hotel and Apartments Piazza Sant’Antonio, Caorle, VE – aperto fino al 2 novembre e da marzo-aprile (per il periodo natalizio si consiglia di chiamare o scrivere per informazioni, tel 0421 83839 info@theonecaorle.com)
- AQA Palace, Strada Nuova, 19, Caorle, VE – aperto fino a tel 0421 81087
- Hotel Elite, Viale Guglielmo Marconi, 63, Caorle, VE – tel 0421 82010 fino al 2 novembre, per il periodo di dicembre e festività natalizie chiedere informazioni sulle date tel 0421 82010 – info@elitecaorle.it