La storia infinita del Duomo di Milano: una favola che ha attraversato i navigli e i secoli

  • Duomo di notte con albero di Natale, fra le guglie la madonnina
  • Milano facciata del duomo di notte
  • Natale 2020 piazza Duomo illuminata con albero di Natale rosso

Nei miei primi tempi a Milano il Duomo mi incuteva soggezione: troppo grande, troppo maestoso, finivo per girarci intorno con indifferenza.

Sapere la sua storia ha cambiato completamente la mia percezione: adesso lo guardo con struggimento e ammirazione, e ogni volta che ci vado scopro qualcosa che sembra essere lì per me.

Due consigli. Primo, arrivateci da dietro e fermatevi ad ammirarlo dalla parte dell’abside, la più antica, con i tre grandi finestroni e le prime guglie. Secondo: di qualunque religione siate, entrate per una breve sosta (la porta di sinistra è aperta per il culto, le visite turistiche sono sospese, per cui non fate foto col telefonino…). Fermarsi qualche minuto all’ombra delle sue colonne e guardare in su è già di per sé una preghiera.

Infine, per i milanesi che fossero tentati di andarci in questi strani giorni del Natale 2020: evitate le ore dello shopping e gli assembramenti, andateci la mattina presto, quando è ancora immerso nella bruma, sarà un’emozione unica.

E adesso vi racconto la storia.

C’era una volta a Milano, prima che esistesse Milano, un bosco con una radura. Questa radura, che si trovava più o meno nell’odierna piazza della Scala, era il santuario di una tribù di Celti Insubri, insediati qui dal VI secolo a.C. A poche centinaia di metri, i Celti costruirono un tempio per la dea Belisama, che i romani dedicarono a Minerva. Entrambe divinità femminili: la seconda aveva assorbito il culto della più antica.

E’ proprio qui, nel cuore più sacro della città, che un giorno sarebbe sorto il Duomo.

  • Duomo, finestrone dell'abside illuminato, nel rosone il sole visconteo
  • finestrone del Duomo illuminato, particolare: il sole Visconteo
  • Milano, facciata del duomo di notte, il portale principale
  • Duomo illuminato, la dedica a Maria nascente

Il complesso episcopale e il battesimo di due santi

In epoca paleocristiana sorgeva in questa zona il complesso episcopale, un gruppo di basiliche e due battisteri, con vasche ottagonali. Piccole piscine, dove ci si immergeva da adulti, in una cerimonia solenne che aveva luogo a Pasqua.

Su queste vestigia poggia ancora il Duomo, e oggi i due antichi battisteri sono imbrigliati nelle sue radici. Quello di Santo Stefano, dove nel 374 fu battezzato Ambrogio, lo si può ancora vedere sotto l’abside. L’altro, San Giovanni alle Fonti, dove nel 387 Ambrogio battezzò S.Agostino, si trova più o meno sotto la scalinata di accesso: il suo perimetro è tratteggiato con una fascia di pietra di colore differente. Scendendo nell’area archeologica si può visitarlo, assieme a quel che rimane della cattedrale di Santa Tecla, demolita quando iniziavano i lavori del Duomo.

La cattedrale demolita di Santa Tecla e quella trasformata di Santa Maria Maggiore.

Santa Tecla era una grande cattedrale, che occupava una vasta fetta della piazza odierna, con ingresso rivolto verso via Torino. Un tratto del suo colonnato le sopravvisse per secoli, diventando per i Milanesi il Portico dei Figini, dedicato allo struscio e ai caffè. Lo si vede nelle vecchie stampe: fu abbattuto per realizzare la Galleria e la Piazza, dopo l’Unità d’Italia. Santa Maria Maggiore hiemalis, era invece la cattedrale invernale, sul cui ampliamento nacque il Duomo.

Il Duca Gian Galeazzo e il sogno della cattedrale

Come in una fiaba che si rispetti, a questo punto entra in scena un duca potente e bellicoso: Gian Galeazzo Visconti. Ispirato da un sogno, per conquistarsi il Paradiso e mostrare al mondo la sua magnificenza, volle a Milano una grande cattedrale gotica, che rivaleggiasse con quelle francesi e tedesche e che puntasse dritta in alto verso Dio. E la volle costruita in pietra, anzi del marmo più bello e prezioso.  A nulla valse il monito dei costruttori: “Il marmo che desideri non lo abbiamo, nella nostra città si è sempre costruito con i mattoni rossi di cotto: così, da che mondo è mondo, si sono fatte le nostre chiese e i nostri palazzi”. Il duca non volle sentire ragioni, e tanto fece che trovò la pietra che cercava, un bel marmo bianco con sfumature rosate, nella lontana Candoglia, e ne donò la cava alla Fabbrica del Duomo, che la possiede ancora oggi.

Una via d’acqua per la pietra

Per portare da così distante questa immane quantità di materiale, Gian Galeazzo fece creare una strada d’acqua, che partiva dal fiume Toce, vicino alla cava, confluiva nel lago Maggiore, e da lì al Ticino, e poi a un lungo canale, il Naviglio Grande, collegato con la cerchia dei navigli che lambivano la città. Così la pietra poteva arrivare fino a un Laghetto (oggi via Laghetto), porto di approdo e scarico, proprio vicino al cantiere. Le imbarcazioni che portavano questo marmo erano segnate dalla sigla AUF (ad usum fabricae, cioè: per la Fabbrica del Duomo), quindi non pagavano il dazio. Da qui l’espressione storpiata “viaggiare a UFO”. Era il 1386 quando iniziarono i lavori.

Naviglio Grande a Milano, foto px

Il cantiere infinito

E così centinaia di scalpellini, operai, mastri, artigiani ingegneri e architetti arrivarono dalla Lombardia e da tutta Europa a innalzare la cattedrale e scolpire migliaia di guglie, statue e doccioni con spaventosi mostri e diavoli per tenere fuori il male. All’interno furono poste grandi vetrate colorate e colonne larghe più di 3 metri, e l’altezza della cattedrale arrivò a 45 e la lunghezza superò i 150. Poi il duca morì, nel 1402, e gli fu dedicata una statua fra le guglie, e morì il primo architetto, Simone Orsenigo, e altri proseguirono i lavori, per oltre 500 anni.

Interno del Duomo, due capitelli dei pilastri
I pilastri del Duomo, interno, foto px
  • Esterno del Duomo particolare
  • contrafforti del duomo dalle terrazze, particolare
  • contrafforti falle terrazze del Duomo, particolare
  • statue e bassorilievi sulla facciata del Duomo
  • facciata del Duomo, bassorilievi particolare
  • i finestroni dell'abside visti dall'esterno
  • finestrone centrale dell'abside dall'esterno
  • magnolia dietro al Duomo -versione invernale

Le opere erano partite dall’abside, la parte più sacra e più antica: nel 1418 il Papa Martino V, di passaggio a Milano, consacrò l’altare maggiore, ma l’opera era solo all’inizio. Alla fine del Quattrocento i più grandi artisti e ingegneri si arrovellarono per trovare una soluzione su come progettare il tiburio (cioè l’elemento su cui poggia la cupola, sopra il transetto), e chiudere così la copertura della volta. Anche Leonardo vi si cimentò, oltre a Bramante e Guininforte Solari: alla fine furono Giovanni Antonio Amadeo e Giangiacomo Dolcebuono che lo portarono a termine, nell’anno 1500.

Siamo ormai nella seconda metà del XVI secolo, e un altro santo milanese entra in questa storia: Carlo Borromeo. Erano i tempi scuri della Controriforma, e la cattedrale ne portò l’impronta. Fu realizzato il coro ligneo e un grande presbiterio rialzato, perché la parte destinata al culto fosse ben evidente, e altari laterali per invitare i fedeli alla preghiera, e infine la cripta, una sfarzosa cappella ottagonale dove il santo fu sepolto, in un’urna di cristallo e argento, chiamata “scurolo di San Carlo”.

I secoli passavano, il Duomo cresceva e cambiava: nel Settecento fu posta sulla guglia più alta la Madonnina dorata di Giuseppe Perego (1774), che da allora veglia su Milano dai suoi 108 metri di altezza.

  • Facciata del Duomo con albero di Natale illuminato, fra le guglie in lontananza la madonnina

La facciata di Napoleone

la facciata del duomo e scorcio della piazza

Nell’Ottocento la cattedrale era ricca e imponente ma non aveva ancora una facciata: è così che entrò nella storia Napoleone. Per la sua incoronazione a Re d’Italia volle che fosse terminata in gran velocità, com’era suo costume, e così fu. Il 26 maggio 1805, con sfarzo pari solo a quello delle fiabe, davanti all’altare del Duomo l’imperatore si pose da solo sul capo la corona ferrea (conservata a Monza e contenente uno dei chiodi della croce di Cristo), pronunciando le storiche parole: “Dio me l’ha data, guai chi la tocca”.

Le porte bronzee e l’età dei restauri

Porta centrale, storie di Maria, Ludovico Pogliaghi 1906

Nel Novecento furono completate le 5 porte in bronzo (fra il 1909 e il 1965), ma la storia del Duomo non finisce qui: ancora oggi gli scalpellini sono al lavoro, e nuovi carichi di marmo rosato arrivano da Candoglia per restaurare le sue guglie, così che possano protendersi verso il cielo per ancora molti secoli.

” El principio del Domo di Milano fu nell’anno 1386″ è scritto in una lapide murata all’interno della cattedrale. Il finale, invece, è aperto.

Roberta Ferraro, blogger e travel designer. Racconto straordinari luoghi vicini, posti speciali che si distinguono per arte, natura e cultura. Perché se apriamo gli occhi su quello che abbiamo intorno a noi, l’avventura è a portata di mano. Seguimi per trovare ispirazione per weekend, gite e vacanze.